Non sanno strisciare

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Non sanno strisciare

Non sanno strisciare!

di Ciro Ruotolo, Dicembre 2016

Sono in stazione. Altra partenza, solito viaggio sulla tratta Napoli-Roma.

Un grosso pezzo di cuore devo lasciarlo nell’affascinante città campana, un altro vado a riprendermelo nella capitale d’Italia. Un terzo, un terzo enorme pezzo, è ben oltre la Linea Gotica.

Penso al fatto che tra qualche mese compirò trent’anni. Trenta!

La cosa, da molti, è considerata una sorta di spartiacque.

Io son lì, sguardo perso nel vuoto. La stessa espressione di chi si abbandona a piacevolissime fantasie, o quella di chi ricorda il passato che non tornerà più, pensando al futuro che è già presente e che, il più delle volte, arriva troppo, troppo in fretta.

Qualcuno le chiamerebbe elucubrazioni.

Bella parola questa: e l u c u b r a z i o n e, e l u c u b r a r e.

Sì, mi è sempre piaciuta. Ne adoro il suono e le sensazioni che produce sulla pelle, solo ascoltandola.

Prendo una sigaretta, l’accendo, e come spesso accade, squilla il cellulare.

Where is my mind? riempie l’aria sopra i binari.

Con la mano libera prendo il telefono, il brano mi piace e quindi per qualche secondo lo lascio suonare. Poi leggo il nome sul display, rispondo con un sorriso disegnato sulle labbra.

La conversazione è breve, dura solo qualche minuto.

Devo, necessariamente, guardare un video.

Mi è già arrivata un’e-mail con il link.

“Guardalo e poi ne parliamo. Poi mi dici che ne pensi!”

La chiacchierata ha il potere di riportarmi alla realtà. Mi guardo intorno.

La stazione è piena di gente. Di tutte le età: bambine, bambini, ragazze, ragazzi, donne, uomini. Tutti a capo chino. Tutti impegnati in qualcosa. Ma l’oggetto che stringono tra le mani è sempre lo stesso. Cambia la marca, il modello, il colore, la grandezza, la sostanza no.

E io, in questo momento, non faccio eccezione.

Rifletto.

La società contemporanea è dominata, ormai, da tre diverse componenti: elettrica, elettronica, telefonica. L’informatica è l’amalgama.

L’essere umano, soprattutto negli ultimi trent’anni, è cambiato. Mutate sono le sue caratteristiche peculiari. Dal punto di vista antropologico, siamo di fronte a un uomo nuovo: l’Homo Electricus.

Indietro non si torna. Impossibile pensare di riportare tutto a una condizione pre-elettrica.

Ovviamente il cambiamento ha portato i suoi vantaggi, innegabili; tanto si è guadagnato, nelle più diverse situazioni.

Ma qualcosa si è perso, qualcosa che non ci verrà più restituito.

Smartphone, telefonata, casella di posta elettronica, You Tube.

Guardo il video.

La visione dura poco più di quattro minuti.

Silvio Crisari. Il nome non mi è nuovo. Dove l’ho già sentito?

Comincio a scavare nelle grotte della mia memoria.

Silvio Crisari, Silvio Crisari.

Cerca Cirù, cerca!

Ecco, ci sono.

Qualche mese fa, noi di Una Questione di Centimetri, grazie all’invidiabile intuito del nostro Mario Bocchetti, abbiamo realizzato un’intervista decisamente interessante, il cui tema centrale fa proprio da sfondo al video che ho appena finito di guardare.

Crisari, in quell’occasione, si concentrò, attraverso le intelligenti domande di Bocchetti, sull’istituzione calcistica giovanile nostrana. In un continuo paragone con le diverse realtà europee, Crisari riesce a toccare tutti i punti fondamentali di una situazione che dovrebbe preoccupare, non poco, gli addetti ai lavori: programmazione, competenza, coordinamento.

Rileggendo la chiacchierata tra Mario e Silvio, alcune parole hanno attratto la mia attenzione più di altre. Parole che si ricollegano direttamente al video di cui si parla.

Intelligenza e velocità di pensiero.

E mi rendo conto di come tutto si riporti al ragionamento che seguivo prima di guardare e ascoltare il video.

La nostra società è cambiata, in modo netto e definitivo.

I bambini, i ragazzini, che popolano le aule delle nostre scuole, non dominano più le nostre strade.

“Non sanno [più] strisciare”!

Magari hanno dita velocissime, sempre pronte a correr sulla tastiera di un computer, su qualsiasi joystick di una qualsiasi console, oppure su un tablet, concentrati in un avvilente gioco di realtà aumentata.

E la nostra realtà? Quella, che fine fa?

Quella semplice, attraente, fisica.

La realtà di una partitella giocata quattro contro tre, a portieri volanti, su un campo disegnato sull’asfalto, con porte inesistenti ma visibilissime, dove vestiti tutti uguali eravamo capaci di considerarci due squadre ben diverse e la linea di passaggio era sempre dedicata a un nostro compagno.

Quella dove per recuperare una palla finita fuori dal rettangolo di gioco dovevi fare i chilometri, scavalcare cancelli, violare diritti di proprietà, STRISCIAREsotto le automobili parcheggiate!

Oggi si preferisce restare in casa, il più delle volte.

Nella comoda, calda d’inverno, fresca d’estate, realtà digitale, invece di combattere l’unica guerra giusta, l’unica guerra bella, l’unica guerra che rende amici, anziché nemici. Quella che si combatteva, si giocava, ogni giorno, fino a che c’era luce, su campetti improvvisati e duri come l’acciaio, irregolari come una spiaggia, ma esaltanti come il Camp Nou!

Ma, probabilmente, c’è anche un’altra considerazione da fare.

La differenza tra quelli diventati ragazzini negli anni ’90, quelli della mia generazione, e quelli che oggi affollano le stanze troppo strette delle nostre scuole elementari e medie sta nel ruolo che i genitori hanno avuto e hanno nella vita di ogni giovane individuo.

Oggi, la maggior parte delle giovani madri e dei giovani padri è impegnata in una sorta di raccapricciante Corsa agli impegni.

Buona parte di questi genitori, si impegnano allo stremo delle forze per riempire la giornata del proprio figlio, o della propria figlia, di un’attività dietro l’altra.

Impegno, che, troppo spesso, viene vissuto quasi come un obbligo. Si crea una vera e propria tabella di marcia, da seguire scrupolosamente e responsabilmente.

E tutto comincia già all’età di 3/4 anni!

Scuola di calcio, scuola di nuoto, scuola di musica, scuola di karate, scuola per qualsiasi cosa!

“Non sanno strisciare”, un po’ perché per quanto detto sopra, oggi, l’ambiente elettrodomestico assorbe buona parte delle loro energie, ma anche perché tutto, nella loro vita, appare già preordinato, organizzato, studiato.

Ma ‘sti criautur’, sbattut’a ccà e a llà, ‘o tiemp’ e fa a guerr’ aro’ o’ piglian’?

Guardate il video, ne vale la pena!

E riflettete!

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